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Intervento del Prof. Avv. Gianluca Gambogi sul tema 'Una grande novità: i reati tributari presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti', nell'ambito del webinar  "Alta formazione: Master di diritto penale tributario", organizzato dal Centro Fiorentino Studi Giuridici in collaborazione con il Centro di Diritto Penale Tributario e con la Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, 15 marzo 2021 ore 14.30-18.30.
Intervento del Prof. Avv. Gianluca Gambogi al Webinar dal titolo "Come cambiano i reati tributari, tra novità normative e orientamenti giurisprudenziali", organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura in collaborazione con la Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, 22 febbraio 2021, ore 14,30-17,30.
Intervento del Prof. Avv. Gianluca Gambogi al Webinar dal titolo "Libertà di pensiero, di critica: uso del linguaggio offensivo e riflessi sulle istituzioni democratiche (il fenomeno del populismo)", organizzato dal Centro Fiorentino Studi Giuridici in collaborazione con la Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, 12 febbraio 2021, ore 15,00-18,00
Intervento del Prof. Avv. Gianluca Gambogi al Corso di Alta Formazione e Specializzazione dell'Avvocato Tributarista, organizzato da Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi - UNCAT, 14 gennaio 2021
Intervento del Prof. Avv. Gianluca Gambogi dal titolo 'Le manette agli evasori: un carcere privo di caratteristiche rieducative?' al Webinar  "Metavalori e carcere: la mancata giurisdizionalizzazione dell'esecuzione", organizzato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari, 29 gennaio 2021, ore 15,00 e segg.
Intervento dell'Avv. Gianluca Gambogi al Webinar dal titolo 'La firma digitale: strumento necessario dell'avvocato penalista', organizzato dall'Ordine degli Avvocati di Firenze e dalla Fondazione per la Formazione Firenze per l'Ordine degli Avvocati di Firenze, 30 novembre 2020, ore 15,00-17,00.
Intervento dell'Avv. Gianluca Gambogi al Webinar - tavola rotonda "L'AVVOCATURA DOPO IL COVID- 19 - Prospettive della professione. Ruolo e compiti delle rappresentanze forensi", organizzato dalla Fondazione per la Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Firenze, con il patrocinio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze  e dell'Organismo Congressuale Forense, tenutosi il 16 giugno 2020, ore 14,30- 17,30.
Martedì, 16 Febbraio 2021 00:00

Seminario sulla mediazione penale minorile

Intervento al seminario sulla mediazione penale minorile organizzato da Aleteia  il 25 febbraio 2020  ore 9,30, Firenze, Palazzo Vecchio - Sala D'Arme


La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 8545 del 19 dicembre 2019 (depositata il 3 marzo 2020) è stata chiamata a pronunciarsi sulla natura dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa prevista dall’art. 7 del D.L. n. 152/91 ed oggi trasfusa nell’art. 416-bis 1 cod. pen.

Tenuto conto degli opposti orientamenti giurisprudenziali sul tema, alle Sezioni Unite è stato posto il quesito di diritto se l’aggravante dell’agevolazione mafiosa abbia natura oggettiva concernendo le modalità dell’azione ovvero abbia natura soggettiva riguardando la direzione della volontà.

La Suprema Corte di Cassazione, dopo aver analizzato i vari orientamenti e le ragioni ad essi sottese, ha affermato che l’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416-bis 1 cod. pen. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale.

È il dato testuale, secondo le Sezioni Unite, che impone la qualificazione dell’aggravante nell’ambito di quelle di natura soggettiva inerenti i motivi a delinquere.

Orbene, leggendo la motivazione della sentenza si evince che l'agente deve decidere di porre in essere “[…] l'attività illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: è necessario però, affinché il reato non sia privo di offensività, che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all'esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'art. 416- bis cod. pen. ed alla effettiva possibilità che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilità, anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell'associazione”.

É dunque necessario che la volizione che caratterizza l’attività illecita ed agevolatrice possa assumere un minimo di concretezza anche solo attraverso una valutazione autonoma dell’agente.

La presenza di una pluralità di motivi, hanno poi sottolineato i Giudici di Piazza Cavour, è possibile ma ciò che è essenziale, ai fini della configurazione della norma, è la volizione da parte dell'agente, tra i motivi della sua condotta, della finalità considerata dalla norma (nel caso di specie l’agevolazione dell’attività mafiosa) (cfr., Cass. Pen., Sez. Sez. 3, n. 27112 del 19/02/2015).

Gli Ermellini si sono infine soffermati anche sull’ipotesi di un reato concorsuale: in tal caso, l’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen. si applica “al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell'altrui finalità”.

In tal senso le Sezioni Unite evidenziano come “[…] qualora si rinvengano elementi di fatto suscettibili di dimostrare che l'intento dell'agente sia stato riconosciuto dal concorrente, e tale consapevolezza non lo abbia dissuaso dalla collaborazione, non vi è ragione per escludere l'estensione della sua applicazione, posto che lo specifico motivo a delinquere viene in tal modo reso oggettivo, sulla base degli specifici elementi rivelatori che, per quanto detto, devono accompagnarne la configurazione, per assicurare il rispetto del principio di offensività”.

Ad una simile conclusione la Suprema Corte di Cassazione perviene sulla base del disposto di cui all’art. 59, secondo comma, cod. pen. (che attribuisce all'autore del reato gli effetti delle circostanze aggravanti da lui conosciute) e sulla base della giurisprudenza di legittimità che ha operato una simile estensione anche in tema di premeditazione e dell’aggravante dei motivi abietti o futili (si veda rispettivamente, ex multis, Cass. Pen., Sez. VI, 21/09/17, n. 56956 e Cass. Pen., Sez. I, 10/07/2018, n. 50405).

Con sentenza n. 5788 del 18 aprile 2019 (depositata il 13 febbraio 2020) la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è intervenuta con riferimento alla disciplina del giudizio abbreviato “condizionato”.

Nello specifico i Giudici di Piazza Cavour sono stati chiamati a decidere se, nel corso di un giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, fosse possibile per il Pubblico Ministero procedere alla modificazione del capo di imputazione ovvero a contestazioni suppletive rispetto a fatti già desumibili dagli atti delle indagini preliminari e non collegati agli esiti della ulteriore e nuova attività probatoria.

Orbene, le Sezioni Unite, dopo aver valutato criticamente un pregresso orientamento giurisprudenziale che aveva fornito una risposta positiva al sopraindicato quesito (cfr. Cass. Pen., sez. IV, 26/9/2017, n. 48280), affermano il principio di diritto secondo il quale nel corso di un giudizio abbreviato condizionato “[…] è possibile la modifica dell’imputazione solo per i fatti emergenti dagli esiti istruttori ed entro i limiti previsti dall’art. 423 cod. proc.pen.”.

Un cambiamento nelle contestazioni mosse all’imputato è dunque possibile solo sulla base di nuovi elementi emersi nel corso dell’integrazione probatoria.

Alla base di tale decisione, come emerge dalla lettura della motivazione della sentenza, vi è la consapevolezza che l’imputazione costituisce una garanzia imprescindibile per l’imputato il quale ha diritto di comprendere, in maniera specifica e puntuale, tutte le contestazioni mosse dalla pubblica accusa ciò al fine di operare le proprie scelte anche in relazione al rito processuale da seguire.

Senza contare infine che una diversa conclusione comporterebbe una ingiusta disparità di trattamento rispetto al giudizio di abbreviato cd “secco”: nel caso di giudizio abbreviato non soggetto ad integrazione probatoria, infatti, il Pubblico Ministero non potrebbe modificare il capo di imputazione e non potrebbe senz’altro procedere a contestazioni suppletive in presenza di elementi già esaminati e raccolti nel corso delle indagini preliminari.

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